Archeologia

La grangia di Sant’Anna

Il complesso della grangia di Sant’Anna, localmente denominato ‘u cummèntu, sebbene in stato di rudere [sottoposto ultimamente a restauro conservativo], costituisce la più importante, oltre che più imponente, attestazione della passata presenza monastica nel territorio compreso tra Montauro e Gasperina. È una testimonianza che riferisce del lungo rapporto che i due luoghi ebbero con la Certosa di Calabria, iniziato alla fine del secolo XI.

Il monaco Bruno o Brunone di Colonia nel 1084, assieme a pochi altri frati, fondò la prima Certosa nel luogo inospitale e difficilmente accessibile denominato Casalibus, presso Grenoble in Francia, a 1175 m d’altezza. Alcuni anni dopo il certosino giunse in Calabria dove, probabilmente nell’estate del 1091, nel bosco tra Arena e Stilo a circa una lega da Spadola, sempre con la collaborazione di altri frati, fondò l’eremo di Santa Maria, noto in seguito come eremo di Santa Maria della Torre.

L’obiettivo di Bruno e dei suoi era quello di edificare luoghi di preghiera in solitudine. Tuttavia l’eremo calabrese assunse una connotazione che si differenziava da quello francese non solo per il luogo dov’era sorto, più facilmente raggiungibile e meno isolato, ma anche per le maggiori elargizioni ricevute, costituite dai territori donati da Ruggero d’Altavilla.

Tra i beni ricevuti dai monaci assunsero un ruolo notevole il monastero greco di Arsafia nelle pertinenze di Stilo ed il monastero di San Giacomo in Montauro; in entrambi risultavano presenti pochi monaci e molti fratelli conversi.

Il secondo dei due monasteri citati, detto per lungo tempo in ambito certosino “la casa di Montauro”, curò i casali di Gasperina e Montauro, nonché quelli di Aurunco ed Oliviano. La sua edificazione è attestata nell’anno 1096. Le fonti ci informano che in quegli anni esisteva una “cella” di ubicazione incerta. Maria Letizia Buonfiglio scrive:

Da una pergamena tramandata dal Tromby (appendice a.1112) apprendiamo che a Montauro in questa fase iniziale esisteva una “cella” con una vicina chiesa di S. Giacomo Apostolo gestiti da un frate con il titolo di procuratore (Buonfiglio, 2002).

Dagli indizi che si hanno a disposizione risulta difficile stabilire se la “cella” originaria fosse situata vicino all’attuale chiesa matrice di Montauro, oppure al di sopra del sito dei ruderi della grangia di Sant’Anna nell’odierno territorio del comune di Gasperina. La difficoltà sorge anche per l’individuazione del luogo dove fu poi eretto il monastero di San Giacomo in Montauro. A dipanare il dubbio appare insufficiente la descrizione del monaco certosino Tromby:

Donò addunque per primo il Conte al nostro Brunone, ed ai suoi successori ad avere in perpetuo, senza niuno temporale servizio il Monistero di S. Jacopo in Montauro, che come altrove dicemmo, stava ridotto a tal punto, che già vi si erano introdotti pochi PP., e Fratelli ad abitarlo, unitamente con un Castello di mediocre fabbrica più anticamente edificato, sito sotto del detto Monistero, dove al presente è la Grangia di S. Anna… (Tromby, 1981)

[…] l’edificazione del monastero di Montauro sarebbe avvenuta quando ancora sulla sedia episcopale di Squillace sedeva Teodoro Mesimerio, ultimo vescovo di rito greco; alla sua morte, nel 1096, il successore fu, infatti, Giovanni Niceforo della chiesa di Mileto, di rito latino ed intronizzato da Ruggero il Normanno. All’arrivo del monaco Bruno, nel territorio a ridosso di Squillace si praticava senza dubbio ancora il rito greco […]

Il monastero di Santo Stefano del Bosco [la Certosa] con la bolla di Celestino III dell’11 dicembre 1192, fino al 27 febbraio 1514 passò dalla regola certosina a quella cistercense dell’abbazia di Fossanova […] al primo periodo della presenza dell’ordine monastico cistercense nella Certosa di Calabria sarebbe databile il mutamento della denominazione del monastero di San Giacomo in Montauro in grangia di Sant’Anna.

Il fenomeno delle grange ebbe origine nel monachesimo cluniacense, poi interessò quello certosino, quindi quello cistercense […] Scrive la Buonfiglio:

Il termine Grangia, o grancia, deriva dal bassolatino granea e dal francese grange ed indica inizialmente un luogo dove si conserva il grano (in latino classico granarum), ma assume in seguito l’uso più largo di azienda agricola con terreni e pascoli appartenenti ad enti ecclesiastici o a ricchi laici (Buonfiglio, 2002).

Sul termine grangia un’interessante osservazione di Marina Righetti Tosti-Croce è riportata da Emilia Zinzi:

L’uso medievale del nome però fu più estensivo, indicando non solo il singolo edificio, ma anche il complesso di edifici che costituivano la struttura agricola e, ancora in senso più ampio, l’insieme della proprietà agraria, cioè i terreni e gli edifici che vi sorgevano (Zinzi, 1999).

La grangia di Sant’Anna governò attraverso un procuratore del monastero di Santo Stefano i possedimenti monastici dell’area circostante fra cui erano compresi territori dei casali di Aurunco ed Oliviano distrutti e dei casali di Montauro e Gasperina ancora abitati.

Secondo la Platea dei beni del monastero di Santo Stefano del Bosco nella prima parte del secolo XVI tra i possedimenti della Certosa di Serra risultano 2358 fondi rustici per complessivi 1560 ettari circa, distribuiti tra 21 territori aggruppati. Tra le grange sono annoverate, quella di Sant’Anna (414 m s.l.m.), poco discosta dagli abitati di Gasperina e Montauro e la grangia o chiesa di Santa Domenica in territorio di Monte Paone […]

Per approfondire l’indagine nel fenomeno della realtà monastica tra Montauro e Gasperina è utile analizzare il:

…sistema territoriale legato alla presenza della grangia di Sant’Anna, con particolare riferimento all’aspetto idraulico per le sue connessioni con l’ambiente naturale, nei manufatti architettonici, nei percorsi viari, oltre che nelle strutture di trasformazione del paesaggio agrario (Mignolli, in Zinzi, 1999)

L’analisi impone di tenere conto del fatto che: “Fra i possedimenti della grangia compaiono numerosi casini, trappeti, molini, magazzini, casolari, bassi.” (ib.) Nel contesto di questo apparato produttivo, notevole importanza rivestiva il casino del Cece il quale, ubicato nella marina montaurese, contemplava tre frantoi ed altre strutture. Un altro trappeto era situato nel Fondo dei Militi, nella marina di Gasperina ed un altro ancora nell’abitato di Montauro […]

I ruderi della grangia di Sant’Anna ricadono attualmente nel territorio di Montauro. Tuttavia da vari elementi descritti si evince che la storia della grangia, nonché quella dell’antecedente monastero di San Giacomo, coinvolge sia Montauro che Gasperina. Si osserva, inoltre, che:

  • a causa della morfologia del luogo in cui sussistono i ruderi suddetti, altri elementi da ritenere parti integranti del complesso monastico potevano sorgere in territorio di Gasperina, a monte della cortina muraria in cui si apre il portale d’ingresso della medesima grangia;
  • il sito di una supposta chiesetta nell’attigua località Stahanàzzu ricade nel territorio di Gasperina, così come il condotto idrico verso il manufatto della grangia, che aveva origine nell’area della fontana di Vrisi [Brisi] e di cui risultano tuttora leggibili brani superstiti.

Un’indagine attenta sull’antico sistema di utilizzazione della risorsa idrica nel territorio attorno alla grangia di Sant’Anna può offrire:

…la possibilità di una reale comprensione dell’antica organizzazione dell’area e della sua evoluzione sino ai nostri giorni. Gli elementi persistenti e di più sicura individuazione consentono comunque di fissare alcuni aspetti che sembrano riportarci alle grandi capacità organizzative dell’insediamento territoriale dovute ai Cistercensi, specie per ciò che concerne le opere idrauliche […] la stretta connessione che esiste fra sorgenti, corsi d’acqua, manufatti edilizi, percorsi di collegamento, con la perfetta integrazione delle singole componenti fra di esse e con la natura circostante. L’esempio più evidente è proprio quello della grangia vera e propria, che sorge in prossimità di una ricca sorgente (Fontana Brisi), da cui presumibilmente era stata canalizzata per gli usi del complesso (Mignolli, in Zinzi, 1999).

Si evidenzia che gli elementi della tessitura muraria dei ruderi della grangia sono di provenienza locale.

Dal punto di vista geologico il territorio di Gasperina è costituito da: – rocce cristalline del paleozoico di composizione variabile tra quarzodioriti, graniti e sieniti che ricorrono nella parte collinare che va da Brisi e Sant’Anna, a Vasìa, a Màlia ed a Leùzzini; – sabbioni di alterazione e residui di coperture pleistoceniche che si rilevano principalmente nelle località Vasìa, Volo, San Giovanni, Gunneràdi, Surverèlla; – depositi conglomerati sabbiosi del Pliocene-Pleistocene che si ravvisano nelle località di Passomegàli, Nàtolo, Pilìnga, Runci; – alluvioni dell’Olocene segnalate nelle località marine di Fiorentìni, Labrùccio, Vicàrio. Caratteri geologici sopra descritti ricorrono anche nei comuni limitrofi (cfr. Carta d’Italia, IGM).

Emilia Zinzi ritiene che l’edificio della grangia di Sant’Anna per le sue connotazioni sia da considerare “l’unica presenza del genere conosciuta in Calabria”, che impianti similari si riscontrano nel centro-Europa (Ile-de France, Piccardia, Fiandre) e che, in particolare, grange consimili sono state edificate nel secolo XIII in varie zone della Francia. La linea architettonica della grangia apparterrebbe, inoltre, alla cultura degli abati-architetti di Citeaux, seguaci di Bernardo di Clairvaux. Il manufatto risulterebbe “prettamente cistercense nell’impianto strutturale-architettonico ancora leggibile”, databile, pertanto, tra la fine del XII e i primi del XIII secolo, periodo in cui i monaci cistercensi riorganizzarono i beni posseduti dai certosini (cfr. Zinzi, 1999). Quest’ultima ipotesi di Emilia Zinzi è stata messa in discussione da altri storici, soprattutto perché le torri angolari dell’edificio, ancora oggi, presentano bocche da fuoco e, quindi, la datazione del manufatto deve partire da un’età più recente. A tal proposito la Buonfiglio osserva:

… i tempi e i modi della fortificazione della Grangia rimangono al momento solo ipotizzabili. La cortina può essere attribuita, in mancanza di analisi archeologiche approfondite, ad una fase compresa tra i secc. XVI-XVII, probabilmente tra la seconda metà del ‘500 ed i primi del ‘600 (Buonfiglio, 2002) […]

La descrizione della grangia di Sant’Anna fatta dall’abate Pacichelli durante la sua visita in Calabria del 1693, riportata dalla Buonfiglio, evidenzia l’aspetto imponente con cui il manufatto si presentava agli occhi dell’osservatore esterno:

Di là da Gasparina, e Montauro, Terre per dominio del Conte Rogerio possedute dalla Certosa, cennate, e vedute, siede in quella stessa parte montana Sant’Anna, dipendente nobil Grancia, chiusa di mura con ponte levatojo e porta di ferro in forma di Cittadella, comod’habitatione dè Regali Ministri nel lor passaggio, che in guisa di Giardini spande le Masserie (Buonfiglio, 2002).

L’abate Pacichelli ed un suo “segretario e cameriero” il 6 giugno 1693 si imbarcarono da Vico Equense alla volta della Calabria. Il 21 dello stesso mese giunsero a Reggio Calabria e, sempre via mare, proseguirono lungo la costa di Scilla e di Bagnara fino alla Marina di Palmi, da dove continuarono il loro viaggio sulla terraferma visitando:

Palmi, Seminara, Terranova, Molochio, Jatrinoli, Mileto, Francica, Monteleone, Soriano, Potami, la Certosa di Serra, San Vito, Gasperina e Montauro, Stalettì, Squillace, la Roccelletta, Catanzaro, Maranise, Cosenza, San Lucido e infine Paola… (Principe, 1993)

I due, di nuovo imbarcati a Paola, presero la via del ritorno, pernottando a Scalea […]

Il sisma del 1783 che devastò la Calabria pose fine alla storia plurisecolare dell’entità monastica certosina nell’area di Sant’Anna […] I ruderi della grangia costituiscono una delle testimonianze più considerevoli di architettura fortificata che insistono nel territorio […] le dimensioni perimetrali variano da un minimo di 35-58 m ad un massimo di 45-49 m, incluse le torri di circa 8×8 m alla base. Il linguaggio architettonico dei ruderi citati è parzialmente riproposto nella veste muraria della torre campanaria della chiesa di San Pantaleone in Montauro che mostra elementi simili: redondoni, bocche da fuoco e tessitura muraria. Alla torre potrebbe riferirsi un documento che attesta l’incarico da parte da parte dell’Università di Montauro al mastro monteleonese Leone Loise con atto del 20 gennaio 1569 del notaio Giovan Battista Spadea di Gasperina, per la costruzione di una struttura difensiva a ridosso della chiesa di San Pantaleone ed in grado di contrastare gli assalti turcheschi (cfr. Mussari-Scamardì, in Valtieri, 2002).

In merito ad alcuni esempi di architettura fortificata presenti nel territorio suddetto la Buonfiglio rileva:

La chiesa di Montauro continua a mantenere spiccati caratteri difensivi anche in seguito ai lavori di risistemazione, come anche altri edifici dell’orbita certosina quali il Casino del Cece (1662) ed il Casino dei Militi […] All’ultimo secolo di vita della Grangia appartengono le ultime modifiche del complesso del Casino dei Militi, in località Melitì, poche centinaia di metri sotto Gasperina, e della c.d. Grangia del Cece (o Casino o Torre del Cece) ultimata nel 1662, un complesso produttivo e di trasformazione delle materie prime con frantoio, cisterna e magazzini sviluppatosi intorno ad una torre posta su un’altura dominante la pianura di Sajinaro (Buonfiglio, 2002).

Fonte: Mario Voci, Gasperina e dintorni. Storia – Arte – Natura, Vibo Valentia, Qualecultura, 2009

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